Domenico Menorello spiega perché promuovere l’Osservatorio sull’attività parlamentare, Vera Lex?, per dare vita a un luogo in cui interrogarsi se un atto legislativo appaia o meno corrispondente all’umano, dunque se sia o meno “vero”

A poche settimane dalle elezioni politiche il cardinal Bassetti ha sorpreso il panorama post-elettorale, spaccando i modi normali di guardare e giudicare la politica italiana. “Mai come oggi – scriveva dalle pagine di Avvenire il 30 maggio 2018 – c’è un urgente bisogno di uomini e donne che sappiano usare un linguaggio di verità, senza nascondere le difficoltà, ma indicando una strada e una meta”.

Qualche settimana dopo, alcuni politici, non solo cattolici, hanno voluto raccogliere questo “appello alla domanda di verità” del presidente della Cei, proponendo un piccolo strumento di lavoro. Né più, né meno che una goccia nel mare del bisogno della situazione italiana, ma una di quelle del tipo “gutta cavat lapidem”, e ciò “a partire dalla parte migliore della nostra esperienza parlamentare, per proporla ad altri, parlamentari e non, che ne fossero interessati”, come spiegavano i presenti alla conferenza stampa a Montecitorio del 26 giugno, per conto dei promotori dell’iniziativa: Paola Binetti, Stefano De Lillo, Maria Pia Garavaglia, Fabio Gava, Gianluigi Gigli, Benedetto Fucci, Mario Mauro, Domenico Menorello, Giorgio Merlo, Antonio Palmieri, Alessandro Pagano, Simone Pillon, Massimo Polledri, Eugenia Roccella, Maurizio Sacconi.

L’idea, semplicissima, consiste nel promuovere un Osservatorio sull’attività parlamentare, che porta nel nome una domanda coincidente con il senso stesso della proposta: “Vera Lex?”, volendo, cioè, dare vita a un luogo in cui interrogarsi se un atto legislativo appaia o meno corrispondente all’umano, dunque se sia o meno “vero” (cfr. www.osserveralex.it).

Astrazioni? Al contrario! Andare sino in fondo alle scelte politiche, sino a intuire a quale “verità” appartengano, è, oggi più che mai, l’unico modo per ridare spessore, tridimensionalità, linfa, rinnovato fascino, comunque utilità alla politica stessa. Tant’è che, illustrando l’iniziativa, abbiamo voluto innanzitutto testimoniare come, proprio nel corso dell’esperienza parlamentare, abbiamo “direttamente sperimentato la pertinenza della sfida del card. Bassetti, perché la più interessante qualità dei lavori delle Camere è accaduta proprio quando il confronto ha preso coscienza e discusso l’idea di uomo che generava le singole proposte”.

Ecco il punto su cui la proposta stessa di questo “osservatorio” vuole attirare l’attenzione: “una legge porta sempre in sé un Dna culturale e deriva da una matrice antropologica, che troppo spesso è invece offuscata e nascosta da alibi economici o imprigionata dal politically correct imposto dai media”. D’altronde, che cosa sia la legge è scolpito già nella definizione datane da Tommaso D’Aquino, secondo cui essa “non è che una prescrizione della ragione, in ordine al bene comune, promulgata dal soggetto alla guida della comunità” (cfr. Summa teologica, I pars, q. 90, a.4)

Vogliamo, allora, mobilitarci attorno all’invito dei vescovi italiani, lavorando ed offrendo un contributo al dibattito politico non sulla base di soli criteri economico-finanziari o ribalbettando slogan ossessivamente ripetuti da chi determina il pensiero “alla moda”. Di questi contributi son già autorevolmente zeppe tutte le consuete fonti di dibattito.

Vorremmo piuttosto domandare e capire quale concezione di persona e di società, dunque quale “bene comune” vengano affermati e promossi con l’azione legislativa, nella ferma convinzione che il Parlamento deve tornare ad essere centrale nella vita dello Stato perché deve respirare nuovamente come il luogo privilegiato del confronto fra i contenuti ideali che animano il Paese. Al contrario, un Parlamento che non sappia affatto ovvero che nasconda sotto la coltre della demagogia o dei diktat della mentalità dominante quali sostanziali scelte di “verità” stia di volta in volta proponendo (rectius: imponendo) alla comunità civile, tradisce la funzione affidatagli dalla Costituzione, per diventare una mera formalità di acritica legittimazione di progetti culturali ed antropologici dettati in altre sedi, sedi che – per quanto autorevoli possano essere – democratiche e popolari non lo sono mai.

Quanto prendere sul serio una domanda di “verità” nella politica italiana sia la vera, seppur scomoda, novità metodologica nel dibattito pubblico, è testimoniato da un poco commentato, ma molto intrigante passaggio del discorso del Premier, Giuseppe Conte, che nel chiedere la fiducia all’aula del Senato il 6 giugno scorso, osservava: “Non esistono più forze politiche che esprimono, come un tempo, complessive visioni del mondo. Personalmente ritengo più proficuo distinguere gli orientamenti politici in base all’intensità del riconoscimento dei diritti e delle libertà fondamentali della persona”.

Non siamo d’accordo. Così non é. Che i partiti si riferiscano esplicitamente a ideali o preferiscano uno statuto e un modus qualunquistici, ciò non toglie il fatto oggettivo per cui, sempre, i “diritti” via via asseritamente scolpiti nelle leggi hanno origine in una specifica idea di uomo e in una particolare “visione del mondo”, che lo strumento della “legge” indica come modello, come “strada”, come “meta” all’intera società italiana. E questa “verità” non deve essere negata o nascosta.

Quando, ad esempio, la recente legge n. 219/17 (sulle c.d. “Dat”) ha declinato il “diritto alla vita” come “diritto alla vita dignitosa”, che idea di uomo ha affermato? Quando la vita diviene “non dignitosa”, la persona non c’è più ovvero perde la dignità sufficiente per essere curata? E chi alza o abbassa l’asticella di sufficienza della “dignitas”? Non si rischia di arrivare a una concezione di uomo a piena tutela giuridica solo fino a che risulti performante, efficiente, economicamente utile? Ricordo con commozione il salutare imbarazzo che si è creato nella commissione parlamentare istruttoria quando abbiamo provato, umilmente, a porre questo livello di dialogo (cfr. Servono ancora i cattolici in politica? Testimonianze del dibattito parlamentare sul valore della vita e sul testamento biologico, AaVv Ed. Magi, settembre 2017).

Oppure, quando si issa a bandiera elettorale un “diritto a un reddito” più che un “diritto al lavoro”, che percezione ontologica di uomo è sottesa? Se il lavoro di ciascuno non è “la” categorica priorità dello Stato, non significa che il contributo al reale di “quel” singolo uomo, di ogni cittadino in carne ed ossa non è poi così importante? Ciò non conduce forse su un crinale culturale, che farà scivolare sempre più lontano un ideale di società in cui la singola persona, senza eccezione alcuna, sia giudicata come un bene assoluto, insostituibile, imprescindibile, una società, cioè, ove ogni uomo sia affermato in sé “utile” e mai percepito come un peso di cui ci si può anche dimenticare, una volta tranquillizzato con la garanzia di qualche soldo assistenziale?

Né proponiamo questo livello di approfondimento politico su un piano meramente intellettuale. Siamo rimasti, infatti, molto colpiti dalla nuova qualità delle relazioni interpersonali e dalla maggiore intensità dell’azione politica comune che, seppur con mille sfumature diverse, sono accadute fra noi quando non abbiamo censurato, proprio fra i banchi di Montecitorio o Palazzo Madama, una tensione al vero. Al riguardo, merita di essere riportata la conclusione del comunicato con cui i promotori hanno accompagnato l’iniziativa: “In questa domanda di verità, le differenze sono diventate curiosità reciproca, come dimostra il fatto che l’essere cattolici di molti di noi ha generato rapporti veri anche con altre esperienze cui significativamente appartengono non pochi dei promotori dell’iniziativa odierna”.

“Per questo – concludevano echeggiando le parole di Paola Binetti su Avvenire del 16 giugno 2018 – noi vogliamo, umilmente, tornare a porre, a noi stessi e agli attori politici e sociali, domande sulla razionalità, sulla corrispondenza al diritto naturale e al cuore oggettivo dell’umano di ciò che le leggi veicolano”.

Così, se a qualcuno interessa, innanzitutto per sé stesso, “osservare” fattivamente quanto vi sia di “Vera Lex?” giorno per giorno, aspettiamo volentieri una sua e mail di contatto a info@osserveralex.it .

(Domenico Menorello, Deputato XVIII legislatura, Coordinatore Osservatorio parlamentare “Vera Lex?”)

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